Pirì va a scuola

Era inverno e da diversi giorni non si vedeva il sole alla Fattoria Quinzân, la nebbia insisteva a rimanere piuttosto fitta e sembrava volesse fare sparire le case, gli alberi, le persone.

Io andavo nel campo tutti i giorni per la potatura delle viti. Pirì se ne stava all’asciutto sotto al porticato. Non aveva freddo perché la paglia lo proteggeva bene, ma si annoiava a morte.

Le rondini erano andate via da tempo, i passeri e gli altri uccelli stavano al riparo nei loro nascondigli e soprattutto non si vedevano bambini in fattoria. È già, perché anche i bambini, in inverno, non vanno in fattoria e se ne stanno chiusi al calduccio in classe.

Pirì pensava: ma perché tutti quanti se ne stanno al caldo da qualche parte e io devo stare qui solo come un cane? Che poi, il cane, Annibale, proprio solo non è visto che sta in casa con i padroni e nella stalla con gli altri animali!

Era ormai ora di pranzo e, passando per andare in casa, mi avvicinai al porticato dove stava Pirì. Lo spaventapasseri mi fece l’occhiolino; era il suo segnale per avvertirmi che voleva dire qualcosa. Mi assicurai che nessuno potesse vedere e gli dissi: “dai, tira fuori quello che hai da dire, ti ascolto”. “Qui mi annoio”, cominciò, “non c’è nessuno, voglio andare a scuola come i bambini così rivedo quelli che ho conosciuto in fattoria!” Rimasi di stucco. “Ma Pirì, tu non puoi andare a scuola, quella è fatta per i bambini e non per gli spaventapasseri!”

Pirì insisteva: “Voglio andare a vedere cosa fanno i bambini a scuola; deve essere per forza un posto molto interessante visto che ci vanno tutti i giorni!

“Non credo che ti troveresti bene”, replicai, “Tu non puoi stare nemmeno seduto e poi come faresti a fare il compito? Dammi retta, lascia perdere, la scuola non fa per te!”

Ma Pirì continuava a chiedere di poterci andare, anche solo per vedere com’è.

Alla fine cedetti: “Va bene, io ti porto, ma vedi di comportarti bene, perché se no te ne torni subito a casa e ti metto fuori al freddo e nell’umidità!”.

Ero sicuro che se anche fosse riuscito ad entrare, non avrebbe retto più di mezza mattinata. Lo caricai steso sul camioncino e lo legai benino perché non cadesse per via dei sobbalzi durante il trasporto. Arrivati alla scuola, lo scaricai, lo appoggiai al muro e me ne andai come mi aveva chiesto.

Pirì entrò nel corridoio, non c’era nessuno e si piazzò vicino alla porta della “II B”. Dall’interno veniva la voce della maestra che stava spiegando ai bambini che la ruota è rotonda. Era in piedi e camminava da una parte all’altra dell’aula, tutta concentrata, assorta nella propria esposizione. Quando la maestra si girò e iniziò a camminare voltando la schiena alla porta, Pirì entrò.

Anche i bambini erano attenti ai movimenti buffi della maestra e non si accorsero della manovra dello spaventapasseri che si piazzò a braccia aperte appoggiato al muro proprio vicino alla porta.

La maestra si girò, fece due passi con gli occhi puntati sul pavimento e, spiegando ai bambini come gli uomini, dopo aver scoperto che la ruota rotonda può ruzzolare, vide Pirì.

Fece un urletto stridulo e un salto, poi si ricompose e chiese con voce un po’ nervosa: “E questo cos’è?!, Che ci fa qui!?! E i bambini che sbalorditi si erano accorti anch’essi della presenza di Pirì in aula gridarono: “Ma quello è lo spaventapasseri della fattoria!, È Pirì!, Lo abbiamo conosciuto due mesi fa quando abbiamo imparato a fare il pane!!”

La maestra era arrabbiata: “Chi si è permesso di farmi questo scherzo? Qui di certo non può stare!!”.

Chiamò subito le bidelle e lo fece portar via lasciandolo nel corridoio fuori dall’aula e tornò dentro a spiegare ai ragazzi la scoperta della ruota rotonda.

Un bambino chiese di uscire per andare al bagno, ma appena fuori andò da Pirì, lo guardò con aria furbetta e disse: “Io mi ricordo di te, sei Pirì, lo spaventapasseri della fattoria, cosa fai qua, ti hanno licenziato?” “A casa mi annoiavo”, rispose candidamente Pirì, “Volevo trovare qualcuno con cui stare in compagnia e così eccomi qua. Anch’io mi ricordo di te, ti chiami Antonio e sei l’unico bambino con il quale ho parlato! Mi raccomando, non dire a nessuno che parlo, se no figurati che confusione e che fila di domande! Ma ora torna in classe, io aspetterò il momento giusto per entrare di nuovo!” Il bambino rientrò nell’aula e Pirì restò solo nel corridoio accontentandosi di osservare divertito con attenzione i movimenti e il lavoro delle bidelle che forse ne avevano viste proprio di tutti i colori e non facevano caso alla presenza di uno spaventapasseri nella scuola.

Alle dieci e trenta suonò la campanella dell’intervallo e i bambini si precipitarono fuori correndo e facendo un gran baccano. Era il momento giusto e Pirì, che non aspettava altro, quatto quatto tornò in classe sistemandosi come prima vicino alla porta e sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.

Dopo pochi minuti i bambini cominciarono a rientrare e subito s’accorsero che lo spaventapasseri non era più nel corridoio, ma di nuovo all’interno dell’aula. “È di nuovo qui!, Ma chi ce l’ha messo?, Guarda la paglia che spunta dalle maniche! È proprio buffo!” E gli davano pizzicotti, gli calcavano il cappello in testa, gli sfilavano un po’ di paglia dalla camicia. “Lasciatelo stare!”, intervenne Antonio, “Non rompetelo, non vedete che faccia simpatica?”

In quel quella comparve la maestra con uno strillo acuto che avrebbe fatto invidia a Katia Ricciarelli. “Chi è stato? Non lo voglio sapere! So benissimo che è opera vostra! Basta con queste buffonate! Qui mi si vuole prendere in giro! Adesso scrivo a tutti una nota sul diario e domani lo riportate firmato dai vostri genitori!!!”

Antonio si alzò in piedi e, anche se non era molto alto, il fatto stesso che si fosse alzato mentre la maestra strillava, fece il suo effetto. “Maestra”, cominciò, “Io non ho visto chi ha messo lo spaventapasseri in classe, ero fuori a giocare e a far merenda. Però, forse, non vuole essere uno scherzo per lei, lo spaventapasseri mi sembra molto simpatico e anche bello! Perché non lo teniamo in classe vicino alla lavagna, così fa un po’ di allegria? Sarebbe bello!” “Sì!!”, gridarono altri bambini e bambine, “Teniamolo! È simpatico!!”

La maestra rimase un minuto buono in silenzio e il silenzio fa impressione a tutti! Nessuno fiatava. “Bè…”, disse infine la maestra che già guardava Pirì con occhi diversi, “in effetti…potremmo anche tenercelo per un po’, potrebbe dare un tocco di colore a questa stanza così vecchia!”“Evviva!”, gridarono insieme i bambini.

Detto fatto, la maestra prese lo spaventapasseri di peso e lo piazzò di fianco al cavalletto della lavagna. “Ma adesso, ragazzi, al lavoro! Voglio vedere se vi ricordate qualcosa di ciò che vi ho spiegato ieri. Dunque vediamo, tu Antonio dimmi qual è il capoluogo della nostra regione, l’Emilia Romagna?” Antonio era in evidente difficoltà e guardava i compagni. “C’è nessuno che lo sa?”, chiese la maestra. Di nuovo un silenzio imbarazzante scese nell’aula. Allora Pirì da dietro la lavagna strizzò l’occhio al bambino e mosse le labbra come per pronunziare: Bo-lo-gna, ma Antonio, che se n’era accorto, sbagliò e disse: “Co-ti-gno-la”. “Ma come!”, tuonò la maestra, “Ma come”! Proprio ieri vi ho parlato dell’Emilia Romagna e oggi mi vieni a dire che il suo capoluogo è Cotignola. Ma è Bologna!! Adesso giro la lavagna e riguardiamo quello che vi ho scritto ieri, riprendiamo a studiare la nostra regione per vedere se vi entra in testa almeno che il capoluogo è Bo-lo-gna!

Di scatto girò la lavagna e così tutti poterono vedere quello che Pirì, di nascosto, aveva scritto: La maestra è bella. La maestra diventò rossa per l’imbarazzo, ma si vedeva che la cosa le faceva piacere. “Ah, bè…” borbottò, “Questa poi! Siete proprio dei bimbi birichini…proprio proprio…sì perché certo questa non è opera dello spaventapasseri…! Adesso andiamo avanti, venite alla lavagna, tu Samuele e tu Veronica, vediamo se sapete eseguire correttamente qualche operazione di aritmetica. Comincia tu veronica e tu Samuele stai dietro alla lavagna”. Così quando Veronica ebbe terminato la sua addizione, la maestra fece girare di nuovo la lavagna per far provare Samuele.

Ma sulla lavagna stava scritto: Alla maestra piace Pirì. Tutta la classe scoppiò a ridere, la maestra era diventata rossa rossa e sul faccione dello spaventapasseri campeggiava un fiero sorriso da conquistatore.