Pirì e lo sciame di api

Un bel giorno di primavera, splendeva un sole giallo luminoso sulla fattoria Quinzan e l’aria si era fatta proprio calda.

Fino a un’ora prima, però, il cielo era stato nuvoloso e ancora cadevano le ultime gocce del temporale che aveva fatto abbassare lì per lì di parecchio la temperatura.

Pirì si godeva la situazione, guardava i boccioli delle rose con le goccioline sui petali che si asciugavano, le galline tornate a razzolare tranquille nel prato e nell’aia le rondini che ora volavano alte, non più a volo radente come poco prima del temporale.

Pirì sentiva alle sue spalle anche il ronzio leggero delle api tornate alla ricerca dei fiori più ricchi di nettare.

Il ronzio era continuo, quasi come un turbinio veloce e Pirì pensò: “caspita che voglia di lavorare hanno queste api operaie!”

Le api gli passavano sopra, accanto, tornavano indietro e ripassavano ancora in un vortice crescente.

Pirì non capiva: perché tutte quelle api invece di andare verso i fiori volteggiavano e roteavano continuamente attorno a lui? E crescevano sempre di più! Adesso erano centinaia, migliaia tutte attorno al povero Pirì.

Lo spaventapasseri ora aveva proprio paura; è vero che aveva un fiore sul cappello, ma non poteva essere stato quello ad attirarle!

Gli insetti continuarono a volare vorticosamente per mezz’ora attorno al povero Pirì che, immobile, credeva di morire di spavento!

Si trattava di uno sciame: nell’alveare le api si erano ritrovate per qualche motivo con due api regine e così quella più anziana, seguita da alcune migliaia di api fedeli, aveva deciso di andarsene, di cambiare casa, lasciando il posto alla regina giovane.

Pirì aveva il terrore di farsi pungere, continuava a restare immobile e adesso che le aveva tutte davanti al naso chiuse gli occhi sperando di evitare il peggio.

Un po’ alla volte le api iniziarono a posarsi…sopra al suo braccio sinistro :“ma guarda un po’, pensò, proprio, qui dovevano fermarsi!

Le api, una dopo l’altra formarono una specie di grande palla ponendosi le une sulle altre attaccate al braccio di Pirì.

E adesso che si fa? Pensò Pirì e allungò un calcio al gatto che gli stava facendo le fusa attorno alla gamba sinistra. Gli faceva solletico e, in una situazione come quella, proprio non lo sopportava. Il gatto miagolò forte per lo spavento e richiamò la mia attenzione che stavo passando per il cortile.

Accortomi di quello che stava succedendo, lasciai immediatamente quello che stavo facendo e andai ad indossare la tuta gialla con la maschera di rete davanti al volto; intanto chiamavo: presto! C’è uno sciame di api che si è posato sullo spaventapasseri! Abbiamo poco tempo per poterlo riprendere!

In cinque minuti tutto era pronto. Misi un’arnia nuova a terra vicino ai piedi di Pirì. All’interno della stessa inserii due favi che contenevano già un po’ di miele e un po’ di uova prelevati dagli altri alveari. Lasciai l’arnia con i favi dentro completamente aperta e poi mi avvicinai a Pirì con un sacco. Pirì sudava freddo. Raccolsi le api con le mani coperte dai guanti, spingendole dentro al sacco e quando quasi tutte furono entrate, rovesciai tutto dentro l’arnia nuova.

Una parte dello sciame uscì e si posò di nuovo sul braccio di Pirì, ma la maggior parte delle api, attirate dai favi e dal miele restarono nell’alveare e chiamarono ben presto anche le altre compagne che, una alla volta, entrarono anch’esse nella nuova casa.

Chiusi il soffitto dell’arnia e feci un sorriso a Pirì dicendo: “paura eh? Ma già, tanto tu te ne stai lì bello fermo immobile, che vuoi che ti succeda!”

E tornai al lavoro interrotto.

Pirì era ancora pallido, ma sorrideva più che mai per lo scampato pericolo; tirò un sospiro di sollievo, respirò a pieni polmoni e sentì un profumo dolcissimo.

Annusò meglio e si accorse che sul braccio sinistro, dove prima c’erano le api, era rimasto un po’ di miele che, giallo come l’oro, luccicava al sole, profumato ed invitante. Pirì si guardò in giro con attenzione: nessuno nell’aia.

Svelto svelto piegò il braccio destro facendo attenzione a non perdere paglia, con un dito raccolse il miele e lo succhiò fino all’ultima goccia.

Era delizioso. Pirì stese di nuovo il braccio al suo posto, strizzò l’occhio ad una rondinella in volo e sorrise.